jennifer guerra > il corpo elettrico

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«Canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell’anima». Così Walt Whitman racconta il corpo umano in Foglie d’Erba: inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell’universo. Oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione. In ll corpo elettrico Jennifer Guerra traccia un percorso che parte dall’autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l’autocoscienza che passa dal desiderio e la Sorellanza, attraverso l’educazione sessuale e l’inclusione delle persone trans e non binarie. Al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire, l’unico bene che nessuno può toglierci.

Fiabe in libertà

Fiabe in Libertà

“Fiabe in libertà” è un cofanetto contenente un libro di 80 pagine più un Dvd audio-video, frutto di un progetto che ha coinvolto un gruppo di detenuti della Casa circondariale di Montacuto (AN), nell’ambito del programma Esodo per la realizzazione di percorsi di inclusione socio-lavorativa di persone detenute, ex detenute o sottoposte a misure di pena alternative al carcere, finanziato dalla fondazione Cariverona.
I quindici partecipanti in una prima fase si sono messi all’opera nella invenzione e stesura per iscritto di alcune fiabe; si è passati poi alla drammatizzazione delle storie, alla loro “teatralizzazione”, per occuparsi infine della registrazione audio delle fiabe stesse.
Nell’arco di questo periodo, dunque, i detenuti hanno potuto apprendere alcuni rudimenti di tali discipline e cimentarsi così nella scrittura, nella recitazione e incisione delle fiabe. Per non parlare dell’importanza nel tenere vivo un legame con il mondo esterno, con un’attività peraltro in cui hanno potuto “mettere del proprio”, convogliare la loro capacità inventiva. Prezioso dunque il supporto di associazioni quali il Laboratorio Minimo Teatro, la scuola e studio di registrazione Musicandia, le Hacca Edizioni che si sono occupate dell’aspetto editoriale, nonchè dell’associazione culturale Radio Incredibile, curatrice e promotrice del progetto nel suo complesso.

Favole di detenuti 1
Il risultato quindi è questo audiolibro: cinque fiabe racchiuse in un libro illustrato e incise su un dvd: storie di principesse, draghi, eroi che combattono il male, indicato per bambini e bambine dai 6 ai 10 anni, in distribuzione presso le librerie e attraverso il web al prezzo di € 14,90, i cui proventi serviranno a finanziare la seconda edizione del progetto.
Informazioni più dettagliate sul sito dell’associazione Radio Incredibile.

altre emozioni, fuori luogo

 

Come camaleonti davanti allo specchio | Aa. Vv.

Sedici tra ricercatori, docenti, giornalisti, operatori sociali realizzano un viaggio negli spazi della marginalità, incontrando i volti di quanti sono costretti a vivere nella mortificazione del diritto e della dignità. “Come Camaleonti davanti allo specchio. La vita negli spazi fuori luogo”, è il lavoro collettaneo curato da Antonio Esposito, che raccoglie i racconti di Luigia Melillo, Giovanni Carbone, Elena Cennini, Fulvio Battista, Lesko Sobol Oksana, Mario Leombruno, Luca Romano, Tonia Limatola, Claudia Procentese, Ciro Marino, Immacolata Carpiniello, Stella Cervasio, Dario Stefano Dell’Aquila, Paola Perretta, Fabrizio Geremicca.

Il libro nasce nell’ambito del progetto “Alterità. La vita e i diritti nello spazio e nel tempo dell’Altrove”, promosso dalla Cattedra di Bioetica Interculturale de l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”;  uno storytelling che raccoglie le narrazioni di ricercatori, docenti, studiosi, giornalisti, operatori che si confrontano con la vita e le sue contorsioni nei luoghi liminari, quelli posti ai margini della cittadinanza e della città.

I Manicomi, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, le carceri, i campi rom, gli zoo, le periferie, le fabbriche, gli alberghi trasformati in CARA, la centrale nucleare, rappresentano l’universo di un viaggio che parte dal Vesuvio e, attraverso il fiume Garigliano, raggiunge il mare.

Attraversando questi luoghi, il libro costruisce una cartografia di alterità spaziali, luoghi che, per diverse motivazioni e/o circostanze, diventano altro da quello che, per la loro stessa natura, dovrebbero o potrebbero essere, dalla dimensione a cui il potere li ha destinati, dalla visione in cui l’immaginario collettivo li ha categorizzati. Si sviluppa così il racconto emozionale di spazi “fuori luogo” e tuttavia mai “non luoghi”, ché al loro interno c’è sempre e comunque la vita, costretta però in forme mutevoli di adattamento, dei luoghi stessi e di quanti li abitano. Abitanti che, come camaleonti davanti a uno specchio, vivono le loro esistenze protesi nello sforzo perpetuo, continuo di trasformazione, contorsione, adeguamento del sé che non trova, non può trovare pacifica conclusione. Perché vita e sopravvivenza vengono ad equivalersi, perché l’alterità spaziale diventa alterità esistenziale, perché lo spazio esterno e lo spazio interno si sovrappongono in un moto continuo di stato. Luoghi che travalicano i propri confini spaziali per farsi dimensione del reale che viviamo, e proprio per questo non definibili come eccezione, piuttosto come stra-ordinarietà che assume, spesso, la categoria del mostruoso. Ma proprio dal confronto con questo “mostruoso” si apre una possibilità altra, un nuovo cammino che, a partire dal riconoscimento della nostra fragilità, attraverso l’incontro con l’Altro, possa disegnare nuovi orizzonti capaci di recuperare Valore e Bellezza.


leggi un assaggio


http://www.adestdellequatore.com/2013/05/come-camaleonti-davanti-allo-specchio-aa-vv/

Ti ricordi di Ken Saro Wiwa?

Un’anziana donna si era avvicinata a lui zoppicando. «Figlio mio, sono arrivati stamattina e hanno scavato tutto il mio terreno, il mio unico terreno. Hanno falciato il sudore della mia fronte, l’orgoglio di mesi di attesa. Dicono che mi daranno un risarcimento. Possono risarcire le mie fatiche? La gioia che provo quando vedo spuntare le piante? La rivelazione di cui Dio mi fa dono nella vecchiaia? Oh figlio mio, cosa posso fare?» Cosa poteva risponderle lui adesso? «Esaminerò la questione più tardi» aveva risposto umilmente. Esaminare la questione più tardi! Riuscì quasi a odiarsi per aver detto quella bugia. Maledisse la terra che faceva sgorgare il petrolio. Oro nero, lo chiamavano. E maledisse gli dèi che non prosciugavano i pozzi. Che importava che ogni giorno fossero estratti ed esportati milioni di barili di petrolio, fin quando questa povera donna piangeva quelle lacrime di disperazione? Cosa avrebbe dovuto esaminare più tardi? Poteva mettere a disposizione altra terra? E i legislatori avrebbero modificato le leggi solo per procurare un po’ di felicità a questi poveri disgraziati che la ricerca del petrolio aveva ridotto a una vita da animali? Avrebbero dovuto assegnare i diritti di sfruttamento del petrolio agli uomini le cui fattorie e terre erano state saccheggiate e distrutte. Ma gli avvocati erano alle dipendenze delle compagnie petrolifere e i governanti erano alle dipendenze degli avvocati. Quindi come poteva esaminare la questione più tardi? Avrebbe dovuto dire alla donna di disperarsi. Di morire. Di non vivere nella morte. Questo sarebbe stato più onesto e rispettabile.

 

Ken Saro-Wiwa, da “Foresta di fiori”, Edizioni Socrates