dante arfelli e i suoi superflui

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Ignoravo l’esistenza di questo autore, dalla storia personale davvero poco fortunata. Non risiede il nostro nell’olimpo degli arcinoti scrittori di gran fama che lasciano indelebile il segno del loro passaggio.

Ciò non di meno, di Dante Arfelli rimangono parole di apprezzamento per un autore prezioso le cui poche opere hanno saputo distinguersi, conquistare un loro spazio.

Parliamo innanzitutto de I superflui, opera prima del 1948, caso letterario che conquista critica e pubblico, vincitore del Premio Venezia, tradotto e pubblicato negli Usa dove diviene un best seller.

A seguire avremo nel 1951 La Quinta generazione, romanzo ambientato dai primi anni del fascismo al dopoguerra, che rivela la sfiducia dell’autore verso il futuro.

Dopo di che un lungo silenzio brevemente interrotto nel 1975 dalla pubblicazione di svariati suoi racconti (già apparsi in precedenza su riviste e altri scritti) nella raccolta Quando c’era la pineta.

Già da tempo però egli aveva abbandonato la scrittura, essendo affetto da depressione e si era ritirato in una casa di riposo.

Dopo varie titubanze, riprese dal 1988 la penna in mano e ricominciò a mettere per iscritto, giorno dopo giorno, con fatica, qualche pagina, giungendo nel 1993 alla pubblicazione di Ahime, povero me, il diario di un ritorno alla scrittura. Di lì a poco, nel 1995, scomparve.

In rete su Dante Arfelli:

Note su Dante Arfelli – dal sito “Il primo amore”

Articolo di Franco Gàbici dal sito simonel.com

Riferimento ad un’intervista del 1995 dal sito inezie essenziali

 

 

(l’articolo riprodotto sopra è tratto dal n.5 della Webzine Sul Romanzo)

Le riflessioni trovate in rete su Dante Arfelli ed in particolare sull’opera “I superflui” mi lasciano pensare alla vita di persone “semplici”, che non hanno l’ambizione di fare la Storia. Persone che non contano per i più, ma per loro stessi. Conducono la loro vita senza pretese, quasi smarriti e disorientati, vivono una situazione di perenne attesa, in un limbo, a volte rassegnati ad un modesto destino, a volte sollecitati a reagire, a cercare di riemergere dalla superfluità, in cui è pienamente immersa la loro vita, così densamente avvolta in una coltre di ineluttabilità.